IMMAGINE FUTURISMO E POLITICA

 

Il rapporto del movimento marinettiano con l'universo politico dell'epoca e con il regime fascista fu molto complesso. Certamente Marinetti fu appassionatamente fascista e l'interventismo - caratteristica precipua del futurismo - ebbe un grande ruolo nella formazione di una nuova coscienza nazionale e nell'identità del primo fascismo. I futuristi hanno essenzialmente distrutto e sradicato le fondamenta della società borghese a cavallo tra i due secoli. Antonio Gramsci scrisse: "I futuristi hanno svolto questo compito nella cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto; hanno avuto la concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista, quando i socialisti non si occupavano neppure lontanamente di simile questione".
Settimelli in Fascismo e Futurismo, scritto nel '25, dice: "Il fascismo è un vasto movimento spirituale che non ha ancora definito i suoi
IMMAGINEcontorni e non può essere ingabbiato in una teoria artistica quale è - soprattutto - la teoria futurista. Ma c'è una parte del movimento marinettiano che esorbita dai confini dell'arte e potrebbe dar materia ad un codice di energia per l'italiano moderno. Questa parte è stata utile e sarà ancora utile al fascismo… Indubbiamente una dottrina fascista dovrà tenere in massimo conto la dottrina futurista. Le contraddizioni fra fascismo e futurismo non sono che apparenti… Il fascismo ed è giusto, ha un culto, anche esteriore del passato divino della nostra Italia, il futurismo lo disprezza invece. Ma se si guarda bene si tratta di un disprezzo polemico… E eccoci all'inverosimile di un giornale come l'Impero, fatto da futuristi, che è monarchico e cattolico, anticomunista e aristocratico".

Fin dagli esordi il futurismo è per sua natura politico: "Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore…" Siamo nel 1909 e Marinetti lancia già il primo proclama politico ispirato al nazionalismo. Obiettivo: l'orgoglio, l'energia e l'espansione nazionale contro i vecchi e i preti, per una rappresentanza in Parlamento che deve essere sgombra da mummie e libera da ogni viltà pacifista. Anche in questo caso il vitalismo irrazionale è il collante e la molla delle posizioni interventiste e irredentiste di Marinetti e i suoi. La campagna di Tripoli è l'occasione migliore per ribadire il panitalianismo: Marinetti dirà che la parola Italia deve dominare sulla parola libertà e proprio il nazionalismo costituirà il motivo di radicale disaccordo coi futuristi russi.

Un altro elemento "politico" è la guerra al parlamentarismo: "Quasi tutti i Parlamenti d'Europa - scrive Marinetti - non sono che pollai rumorosi, greppie e fogne". La campagna interventista, inoltre, offre l'occasione per trascinanti manifestazioni antiaustriache che esplodono in forme spettacolari. Il 15 settembre del '14, per fare un esempio, al teatro Dal Verme di Milano, Marinetti sventola da un palco una grande bandiera tricolore mentre l'orchestra suona la Marcia Reale, ne nascono pugilati e risse intervengono i questurini per sedare il tumulto. Anche nei cosiddetti vestiti neutrali disegnati da Balla e indossati dai futuristi nelle manifestazioni negli atenei di Roma contro i professori definiti "tedescofili" c'è il gesto simbolico, importante, che caratterizza il futurismo.
Ma è il manifesto del partito futurista italiano che mette a fuoco le coordinate politiche del movimento futurista. Al primo posto l'educazione patriottica del proletariato, la lotta all'analfabetismo, la lotta all'insegnamento classico, l'educazione sportiva,
ARCHITETTURA FUTURISTAl'insegnamento tecnico obbligatorio nelle officine, la libertà di sciopero, di riunione, di organizzazione, l'abolizione della polizia politica, la giustizia gratuita, la trasformazione della beneficenza in assistenza e previdenza sociale… Più che un programma di partito è lo specchio dello spirito vitalistico ed estetico dell'avanguardia futurista che per molti aspetti alimentò il fascismo. Marinetti a buon diritto disse nel '24 che "il fascismo nato dall'interventismo e dal futurismo si nutrì di principi futuristi". Benedetto Croce ribadisce che "per chi abbia il senso delle connessioni storiche, l'origine ideale del fascismo si ritrova nel futurismo": Carli lancerà il Manifesto dell'ardito futurista. Settimelli finirà al confino per la sua adesione al fascismo.
Non va passato sotto silenzio l'aspetto utopico della politica marinettiana che oscilla tra nazionalismo ed anarchismo, libertarismo e socialismo, tanto che alcuni critici parlano, soprattutto tra i seguaci di Marinetti, di un futurismo di destra e di un futurismo di sinistra.
Nel 1920 Marinetti scrive: "Al di là del comunismo", considerando il comunismo un'esasperazione del cancro burocratico che ha sempre corroso l'umanità, odia la caserma militarista quando quanto quella comunista, vuole gli artisti al potere e assume posizioni molto simili ai movimenti studenteschi dell'epoca. Sempre nel 1920 i futuristi uscirono dal movimento fascista - a testimoniare un rapporto difficile e tormentato con il potere - . Poi vi rientreranno attestati su posizioni che potremmo definire per convenzione "di sinistra". Marinetti verrà nominato da Mussolini "accademico d'Italia", anche se la spinta modernista è in gran parte già neutralizzata.

Ma facciamo parlare Giuseppe Prezzolini che in un articolo intitolato Fascismo e futurismo, pubblicato il 3 luglio del '23, scrive: "Evidentemente nel Fascismo c'è stato del Futurismo e lo dico senza alcuna intenzione. Il futurismo ha rispecchiato fedelmente certi bisogni contemporanei e certo ambiente milanese. Il culto della velocità, l'amore per le soluzioni violente, il disprezzo per le masse e nello stesso tempo l'appello fascinatore alle medesime, la tendenza al dominio ipnotico delle folle, l'esaltazione di un sentimento nazionale esclusivista, l'antipatia per la burocrazia, sono tutte tendenze sentimentali passate senza tara nel fascismo dal futurismo." Ma poi Prezzolini, in amore alle idee chiare, spiega che nello sviluppo del Fascismo non c'è più posto per il Futurismo. Insomma c'è una vicinanza obiettiva di persone - pensiamo all'amicizia tra Mussolini e Marinetti - c'è un'accidentalità di incontri, un ribollire di forze, ma per Prezzolini andava bene per la rivoluzione, ma "stona in un periodo di governo". "Se il fascismo vuol segnare una traccia in Italia - scrive Prezzolini - deve espellere ormai tutto ciò che vi rimane di futurista, ossia di indisciplinato e anticlassico. Sarei troppo seccante se ai miei conoscenti del movimento futurista chiedessi un franco giudizio sulle riforme classiciste del ministro Gentile?". A parte la vis polemica di Prezzolini, è evidente che l'apporto che l'avanguardia futurista dette alla nascita del movimento fascista è molto intenso nel primo periodo, prima della Grande Guerra, quando si tratta di buttare a mare IMMAGINIl'Italietta, diventa più tormentato e conflittuale una volta che è in atto la normalizzazione e il fascismo diventa il regime.
Ma a negare l'interpretazione di Prezzolini sulla presunta distanza tra Marinetti e il partito di Mussolini ci pensa il Duce che, nel bel mezzo del fascismo-regime per usare un termine di De Felice, scrive: "Tengo a precisare in modo inequivocabile che io sono per l'architettura moderna, per quella del nostro tempo, e mi sarebbe immensamente dispiaciuto se voi - si rivolge agli architetti futuristi - aveste pensato che le vostre opere non mi fossero piaciute. Ogni epoca ha dato un'architettura funzionale. Anche i monumenti di Roma che noi oggi stiamo riscavando rispondevano a una loro funzione. Il Colosseo, un tondo, dei buchi e in mezzo l'arena per gli spettacoli. Si è gridato: non vogliamo la stazione di Firenze e via dell'Impero, ne abbiamo abbastanza di Sabaudia. Ho chiamato proprio voi che siete gli architetti di Sabaudia e quelli della Stazione di Firenze per dirvi che non abbiate timore di essere lapidati o di vedervi la stazione demolita a furia di popolo, niente affatto. La stazione di Firenze è bellissima e al popolo italiano la stazione di Firenze piacerà. La stazione è una stazione e altro non può essere che una stazione. Si veda o non si veda S. Maria del Fiore. Non tutto deve essere monumentale, vi sono i templi per la preghiera e vi è la stazione dove si arriva col treno. In quanto a Sabaudia se alcuni hanno detto di averne abbastanza, vi dico che io non ne ho abbastanza… Dite voi agli architetti che escono dalle scuole di architettura di far loro la mia divisa: di non aver paura di avere coraggio. Non si può rifare l'antico né lo si può copiare".

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