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I MANIFESTI DEL FUTURISMO
Il primo documento futurista fu il Manifesto, pubblicato
su Le Figaro il 20 febbraio 1909, opera esclusiva di Marinetti, costruita
di tre parti distinte. Scegliendo come numi tutelari Schopenhauer, Nietzsche,
Bergson e Sorel, Marinetti opta per un universalismo connesso all'idea
di affermazione di un primato italiano da porre sotto le insegne dell'assoluta
modernità. A questo proposito è bene comprendere l'intreccio
tra nazionalismo e internazionalismo marinettiano. Ci viene in soccorso
Berto Ricci che su l'Universale, nel 1933, scrive: " E allora
fateci la gentilezza di non romperci le scatole. La nostra italianità
di istinto e di coscienza, noialtri s'è testimoniata in modo tale, dal 1914 in qua,
che il vostro buggerìo pirotecnico non ce la fa, non per Dio, ad
affumicare il cervello
Non c'è nulla di meno italiano del ripudio
a priori di ogni esperienza, sapienza, eccellenza straniera. Nel credere
il proprio sangue l'unico depositario attuale e possibile di tutta la verità
e la santità del mondo è consistita l'originalità pericolosa
della prima, e poi l'orgoglio colpevole e la ragione della dispersione perpetua
d'Israele. La grande muragli che chiude ermeticamente la patria per migliaia
d'anni è una trovata soltanto cinese
Non c'è invece
nulla di più anticamente, tradizionalmente, permanentemente italiano
dell'accogliere, assimilare, riplasmare ogni esperienza, sapienza, eccellenza
straniera".
Nella piattaforma del 1909 non mancano i riferimenti alle
realtà conflittuali della società di massa, alle "grandi
folle agitate del lavoro, dal piacere o dalla sommossa", alle "marce
multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne":
Il prologo del Manifesto è narrativo, il secondo momento fissa il
programma di azioni e ideali mentre l'epilogo è riflessivo. Lo sesso
mese in cui fu lanciato il Manifesto, Marinetti incontrò Umberto
Boccioni, Carlo Carrà e Luigi Russolo, e più tardi
Giacomo Balla. Costoro costituirono il nucleo principale dei pittori
futuristi ed insieme firmarono il Manifesto tecnico della pittura futurista,
pubblicato nell'aprile dello stesso anno.
Un assenso entusiasta al Manifesto proviene da parte di Paolo Orano, ideologo
del sindacalismo rivoluzionario. Manda a Marinetti una lettera infuocata
che costituisce un efficace documento di quel ribellismo anti-istituzionale
nato dalla crisi dello Stato liberale, poi approdato nel fascismo.
"Siete veramente un demolitore? - domanda provocatoriamente
Orano - Vi fidate di gente come noi, i sindacalisti d'Italia, che fanno
della demolizione dello Stato un sistema? Siete veramente per la ingiustizia
violenta degli incendiari dalle dita carbonizzate? Vi sentite i negatori
della Storia? Non v'è posto per le obiezioni. Saremo dei feroci e
degli allegri tagliatori di ponti".
Soffermiamoci sulle date, il cui intreccio non è
causale. Nel 1910 viene battezzata l'Associazione nazionalista italiana
di Enrico Corradini, le cui posizioni sulla necessità della guerra
moderna anticipano non poco il bellicismo moderno di Marinetti. La nascita
quasi contemporanea dei due movimenti va messa in relazione con gli eventi
del 1908 in Italia: lo sciopero agrario nel parmense, la rottura definitiva
del sindacalismo rivoluzionario col socialismo riformista che coincidono
con la pubblicazione importantissima delle Réflexions sur la violence
di George Sorel. Nascono le prime reazioni irredentiste: Marinetti recatosi
a Trieste per deporre una corona al funerale della madre di Oberdan viene
coinvolto in tumulti e arrestato per la prima volta. Un passo successivo
nella definizione di un raccordo tra futurismo, anarchia libertaria e soprattutto
sindacalismo soreliano viene con la collaborazione dei futuristi alla rivista
Demolizione, edita a partire dal 1907 a Nizza. Su questa rivista
Marinetti lancerà i primi fendenti contro il clericalismo, l'affarismo,
il moralismo, l'accademismo, il pedantismo, il pacifismo, il mediocrismo.
"Abbiamo bisogno di convertire molto odio accumulato in molto amore,
in molto eroismo."
Anche sull'abusato concetto di violenza predicato dal futurismo è
bene chiarire. "La violenza non è forse la gioventù
di un popolo? L'ordine, il pacifismo, la moderazione, lo spirito diplomatico
e riformista non ne sono forse l'arteriosclerosi, la vecchiaia e la morte?
E' solamente con la violenza che si può ricondurre l'idea di giustizia,
ormai sciupata, non a quella fatale, che consiste nel diritto del più
coraggioso e del più disinteressato, cioè dell'eroismo".
Nell'aprile del 1922 apparve il Manifesto tecnico della cultura futurista
di Boccioni che porta la sua unica firma. "Noi dobbiamo partire
dal nucleo centrale dell'oggetto che si vuol creare per scoprire nuove leggi,
cioè le nuove forme che lo legano invisibilmente ma matematicamente
all'infinito plastico apparente e all'infinito plastico interiore".
Proclamando l'assoluta e completa abolizione della linea finita e della
statua chiusa, i futuristi rivoluzionarono anche la scultura, il cui fondamento
è architettonico come costruzione di masse ma in modo che il blocco
scultoreo abbia in sé gli elementi architettonici dell'ambiente in
cui vive il soggetto.
Saranno moltissimi i manifesti del futurismo dal Manifesto del teatro
sintetico, al Manifesto della Ricostruzione futurista dell'Universo, il
Manifesto della Cinematografia futurista, il Manifesto del Colore, il Manifesto
del Partito futurista italiano, il Manifesto dell'aeropittura.
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