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nucleo Garbatella

1993: il Ministro della Pubblica Istruzione Rosa Russo Jervolino, pilastro della Prima Repubblica, emana il primo disegno di legge sull'autonomia scolastica, che prevede la possibilità da parte dei singoli istituti di gestirsi autonomamente in merito alla didattica, all'amministrazione interna, ai finanziamenti. Il progetto consente che le scuole siano finanziate da aziende private, e addirittura permette che un rappresentante dell'azienda sovvenzionatrice entri a far parete della Giunta Esecutiva del Consiglio d'Istituto.
E' guerra. Gli studenti di tutta Italia si ribellano ad un progetto di "privatizzazione" della scuola pubblica che non tutela il diritto allo studio e che rischia di trasformarli in anelli della catena di montaggio di qualche fabbrica. Otto scuole su dieci vengono occupate o autogestite, e ogni giorno
si assiste a oceaniche manifestazioni di piazza.
Il Movimento Studentesco nel riproporre le sue rivendicazioni principali, come la maggiore rappresentanza negli Organi Collegiali, si scaglia contro i professori dequalificati, le strutture fatiscenti e i programmi inadeguati. Qualcuno parla di di un nuovo '68 e il Movimento diventa l'argomento principale della cronaca italiana.
Caduta la Prima Repubblica lo scenario politico cambia, ma i problemi della scuola rimangono immutati. Il 24 marzo 1994 il Polo per le Libertà vince le elezioni e a Francesco D'Onofrio viene conferita la carica di nuovo Ministro della Pubblica Istruzione.
Il suo disegno di legge sull'autonomia scolastica ricalca un po' quello del Ministro Jervolino, salvo l'abolizione di quel comma che prevedeva l'entrata in Giunta Esecutiva dei rappresentanti delle aziende private. Questa volta a far arrabbiare gli studenti è la possibilità della parificazione delle scuole non statali a quelle statali attraverso un "bonus" da elargire agli studenti che frequentano scuole private. Ma il problema della centralità degli studenti rimane al primo posto nella contestazione. Si chiede la paritetica rappresentanza studenti-docenti nei consigli di ogni ordine e grado, l'abolizione del voto di condotta e una rappresentanza studentesca nei consigli Provinciali e nel Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione.
Con l'avvento del Governo "tecnico" presieduto da Dini, il ruolo di Ministro della Pubblica Istruzione viene ricoperto da Giancarlo Lombardi, ex membro della Confindustria e uomo "tecnico" per eccellenza, il quale copia - male - i disegni di legge dei suoi predecessori. Questa volta l'idea è quella di una completa flessibilità dell'orario scolastico fermo restando un monte annuale di ore stabilito dal ministero. Nel progetto viene inserita una bozza di riforma degli Organi Collegiali che prevede il potenziamento del Collegio dei Docenti e del Consiglio di Classe. Anche in questo caso al di là della demagogia sul ruolo centrale degli studenti, non si fa alcun riferimento ad una maggiore rappresentanza studentesca, e il malcontento si trasforma in movimentismo.
Con la vittoria dellUlivo nelle scorse elezioni, la situazione precipita drasticamente. Il Ministro Luigi Berlinguer rivoluziona la struttura scolastica con lo scopo palese di distruggere l'apparato gentiliano e la nostra identità.
In un anno sforna una serie di riforme spesso scollegate l'una dall'altra (l'autonomia scolastica viene varata ancor prima di averne definito il governo, prima cioè di una riforma degli Organi Collegiali), spesso intrise di demagogia (viene riconosciuta una rappresentanza studentesca paritetica a quella dei docenti nel Consiglio d'Istituto ma non si fa menzione di una partecipazione degli studenti negli altri organi della P.I.).
In generale il progetto sul riordino dei cicli scolastici punta alla distruzione della scuola classica, delle materie umanistiche e della cultura universale in virtù di una maggiore specializzazione, per permettere agli studenti una migliore inserimento nel mondo del lavoro. In particolare si parla di una elevazione dell'obbligo scolastico a dieci anni complessivi (fino all'attuale secondo anno di superiori), superati i quali gli studenti possono scegliere come "specializzarsi", grazie anche a stages o "esperienze lavorative formative presso enti o agenzie". Insomma, si abbandona la cultura classica per diventare i robotos di qualche catena di montaggio.
Il tutto, poi, nell'ambito di un mondo del lavoro, come quello verso il quale ci stiamo avvicinando, estremamente mobile, dove il posto fisso viene praticamente abolito. In un sistema come questo la scuola non dovrebbe insegnare ad "avvitare bulloni" (che oltretutto sono già avvitati benissimo da sapienti macchinari), piuttosto dovrebbe creare una futura classe dirigente versatile, creativa, capace di adattarsi e soprattutto portatrice di valori, di quegli stessi valori che Berlinguer sta tentando di distruggere, come l'Identità Nazionale, la memoria storica e il senso di appartenenza.
Quella che si sta tentando di propinare agli studenti italiani è una scuola di regime, potatrice di una cultura faziosa, di cui la circolare su Gramsci (che imponeva ai docenti di impartire una lezione sul filosofo fondatore del Partito Comunista, nel giorno del 60° anniversario della morte) rimane uno degli esempi più lampanti.
Ed è di nuovo guerra! Gli studenti scenderanno in piazza contro questa riforma e questo Ministro a tutela del diritto allo studio e del diritto alla cultura, di quella cultura di cui la scuola del futuro progettata da Berliguer non è sicuramente portatrice. Si scaglieranno, più numerosi degli scorsi anni, contro la massificazione culturale, chiedendo una maggiore rappresentanza e delle strutture migliori.
Il Ministro Berlinguer non avrà vita facile. E' una promessa...

 
Giorgia Meloni Responsabile provinciale Azione Studentesca
Consulta Nazionale Studentesca Azione Giovani


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